Lun 22/11/2010 proiezione SafetyOrSecurity @ Controsguardi

La percezione dello spazio urbano, paura, spazi, corpi e confini. Una Video-ricerca sui margini di ridefinizione dei concetti di “sicurezza” e “genere”a partire dalle relazioni , verso la costruzione di un nuovo welfare e di una città per tutti e tutte, libera da ogni forma di machismo e violenza.

Safety or Security? Quale genere disicurezza per la mia città? di Roberta Pompili e Paolo Sacchetti, realizzata nell’ambito del progetto regionale per il contrasto alla violenza di genere Mai Più Violenze con l’Associazione Tana Liberetutte/Collettivo Femminista Sommosse Perugia e in collaborazione con il Dott. Massimiliano Minelli e le studentesse e gli studenti del Dipartimento Uomo e Territorio dell’Università di Perugia, sezione antropologia.

La prima parte del video è dedicata alla “Womyn Investigation” una mappatura fotografica della città di Perugia dal punto di vista di genere, nella quale sono state coinvolte le donne del quartiere di Madonna Alta nell’ottica di decostruire il concetto di sicurezza legato al controllo sociale (security) e risignificarlo nei termini di benessere, socialità, welfare, mobilità, qualità delle relazioni (safety).

La seconda e la terza parte sono dedicate ad un lavoro laboratoriale su stereotipi di genere, relazioni e violenza di genere in due gruppi di adolescenti del perugino: “Sconfinamenti” vede protagonista un gruppo di adolescenti del quartiere Pallotta, mentre “Smile” è una co-ricerca effettuata con l’Associazione giovanile Smile di Castel del Piano, un quartiere alla periferia di Perugia.

vedi il video dal portale di mai più violenze

Presentazione lunedì 22 novembre 2010 alle h. 15,00 presso il Cinema Sant’Angelo di Perugia nell’ambito di Controsguardi. Festival Internazionale del Cinema Antropologico. Intervengono R. Pompili P. Sacchetti, Ass. Tana Liberetutte/Coll. Sommossepg.

A seguire Aperitivo.

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sequestro del server autistici_comunicato autistici

La polizia spara nel mucchio: colpirne cento per educarne uno?

Pubblicato il 06.11.2010 in Comunicati, Paranoia, Piano_R da R* || 2 Commenti

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È la logica di chi non sa bene che pesci pigliare. Nel dubbio spara nel mucchio, capace che prenderai anche il tuo bersaglio. O quella dei rastrellamenti per cui si buttano all’aria intere strade per cercare magari qualcosa che non c’è. La polizia (postale) italiana ha la brutta abitudine di frugare nei dati di centinaia, migliaia di persone anche solo per trovare un e-mail. È successo di nuovo al server che A/I ha in Norvegia: i dischi sono stati clonati per intero per una indagine di cui non ci hanno ancora detto nulla. Anche se non siamo direttamente coinvolti in una eventuale inchiesta resta il fatto che i dati dei nostri utenti (nella maggior parte dei casi crittati) sono comunque stati acquisiti da qualcuno che al massimo aveva il mandato per cercare una specifica cosa.
Ma è la logica del colpirne cento per “educarne” uno: intanto mi prendo tutti i dati e poi, quando non trovo quello che cercavo, arrivederci e grazie.
Quando queste cose accadono in Cina o in Iran immediatamente si mobilitano schiere di eroi della riservatezza a tuonare contro il “regime” di turno che spia i propri cittadini. Nel caso accada sotto il loro naso si distraggono magari perché stanno pensando ai riti tribali che si svolgono ai piani alti di questo paese.
Davanti a episodi del genere occorre reagire in fretta e in tanti, sia imparando a proteggere la riservatezza dei nostri dati, sia protestando contro la sorveglianza elettronica che avanza, con tentativi più o meno goffi ma comunque arbitrari e repressivi.

È anche interessante far notare come non ci fosse assolutamente necessità di realizzare questa operazione: ogni volta che ci sono stati chiesti log o informazioni, abbiamo sempre risposto; non è colpa nostra se le informazioni che cercano non le abbiamo o gli sono inutili. Al massimo lo consideriamo un merito. Come consideriamo un merito che nel giro di 24 ore il Piano R* ci abbia permesso di rimettere in piedi tutti i servizi abbattuti dal raid: da ormai 5 anni diciamo a tutti i nostri utenti che il nostro obiettivo è impedire che ciò che offriamo venga distrutto, mentre abbiamo da tempo capito e cercato di sensibilizzare tutti sul fatto che gli unici depositari della riservatezza siete voi, la vostra intelligenza in quello che scrivete e leggete, la vostra accortezza nel non delegare a nessuno questo aspetto della vostra vita. I nostri dischi (tranne gli archivi delle liste) erano crittati, ma con il clone del disco e un po’ di tempo nessun sistema di crittazione è indecifrabile. Per cui non cullatevi in un falso senso di sicurezza.

Sostenete la battaglia che intraprenderemo come già abbiamo fatto ai tempi del primo crackdown contro A/I, diffondete quello che vi racconteremo, combattete contro ogni forma di limitazione della vostra libertà di comunicare.
Al contrario della polizia noi vogliamo educarne cento per colpirne uno, quel genio che nella polizia postale ha pensato che copiare i dati di 2000 persone fosse una buona idea per ottenere un pugno di mosche.

—>>>Dato che Autistici funziona su base volontaria, è ovvio che il sequestro di un server è un costo  che la comunità ha il dovere di sostenere. Solidarietà e donazioni: QUI.
—->>> Cosa fare?

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Se non ora quando? Se non noi chi?

A tutte le donne Umbre, alle singole, alle associazioni, ai collettivi

Contro la violenza maschile sulle donne reclamiamo un Centro Antiviolenza subito

L’Umbria ha un triste primato nazionale, quello che riguarda la violenza maschile sulle donne.

In Umbria, come per il resto del territorio nazionale, la metà delle donne non ha lavoro ed è costretta a stare in casa, nelle stesse mura familiari dove, a volte, si consumano le peggiori violenze.

Mentre in tutto il paese le politiche governative sferrano un attacco alle scelte e all’autodeterminazione delle donne, parimenti in Umbria una èlite politica reazionaria e arretrata culturalmente, discute nel consiglio regionale se imporre o meno il ricovero coatto punitivo per le donne che osano decidere sul proprio corpo utilizzando la pillola abortiva RU 486 (mentre, nel resto d’ Europa, da anni le donne possono usufruirne senza dover subire alcun ricovero coatto)

L’Umbria è una delle poche regioni, rispetto al resto dell’Italia, che non ha un Centro Antiviolenza, un indispensabile luogo per orientare ed accogliere le donne che fuggono dalla violenza maschile.

Ma le donne, in Umbria, non vogliono e non devono pagare con la loro vita e il loro corpo i costi della crisi economica di un sistema sociale iniquo.

Invitiamo tutte le donne a partecipare all’assemblea per iniziare un percorso comune e condiviso di riappropriazione della ricchezza sociale e per la costruzione di un welfare comune che parli di diritti di tutte e di tutti!

Costruiamo dal basso attraverso le pratiche un nuovo welfare sociale per le donne e per tutti

Centro antiviolenza subito!

Assemblea mercoledì 27 ottobre ore 19,00 presso la Consulta dei migranti, via Imbriani 2 Perugia

Care tutte, abbiamo deciso di convocare un incontro di donne Umbre per ragione sulla necessità di fare esistere nella nostra regione un Centro Antiviolenza, Pensiamo che sia indispensabile ripartire dalle nostre energie, dalle nostre competenze e conoscenze per fare esistere sul nostro territorio un istituzione “altra” come un Centro Antiviolenza. Stiamo cercando di incontrare tutte le donne che vogliono con noi condividere questo progetto, …. e non ci fermeremo!   Diffondete il più possibile questo appello, fatelo girare a tutte le donne e se volete proponete degli emendamenti, proposte o altro. per velocizzare i tempi abbiamo pensato un luogo ed un tempo in cui incontrarsi, ma vorremmo che fosse il tempo e il luogo di tutte…(per cui se ci fossero problemi ad esempio l’orario per chi viene da fuori Perugia, siamo disponibili a cambiarlo….) fateci sapere

Collettivo Sommosse Perugia/Associazione Tana Liberetutte

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Riprendiamoci i consultori!

Sta andando in discussione alla Regione Lazio la proposta di legge dell’onorevole Tarzia sui Consultori familiari. Con questa proposta si vuole cancellare l’istituzione dei consultori, come strutture sanitarie laiche e accoglienti, nei confronti di qualunque pensiero e qualunque scelta. Secondo questa proposta, infatti, i servizi consultoriali verranno affidati alle associazioni di famiglie che hanno come scopo la difesa della vita fin dal suo concepimento e il servizio pubblico, è testuale, andrà in subordine rispetto a queste associazioni private. Entreranno nei consultori l’esperto in bioetica, l’esperto in antropologia della famiglia, l’esperto in metodi naturali di contraccezione, tutti senza un titolo riconosciuto. Le donne avranno “il dovere di collaborare” (testuale) e dovranno mettere per iscritto quando rifiutano di dare in adozione il bambino invece di abortire.

Il personale tradizionale dei consultori (in attesa della sua estinzione) rimarrà ben dietro le linee e potrà intervenire solo dopo che le associazioni avranno finito il loro lavoro di convincimento. Le associazioni faranno tutto ciò gratis et amore dei? Certo che no, verranno ricompensate con apposite detrazioni fiscali e finanziamenti. Poco importa se i soldi per le donne sono così pochi che verranno aiutate sole le madri che hanno meno di 500 euro al mese (soglia di povertà). Per la Tarzia l’importante è intercettare immediatamente le donne, che vengono a cercare un’assistenza rispettosa nei consultori, per infliggergli una predica alla quale non si potranno sottrarre.

Alla Casa Internazionale delle Donne si è formato un coordinamento che raccoglie associazioni femministe, sindacati e cittadine e cittadini per difendere questa conquista di civiltà delle donne del Lazio.

vedi le iniziative delle donne e degli uomini contro la legge tarzia

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NO C.I.E._perugia 08/10/10 presentazione del libro “Difendere la razza”

Dalle politiche imperiali del fascismo ai C.I.E.: un percorso attraverso politiche sessuali e razziali di controllo e recinzione dei nostri corpi.

Presentazione del libro di Nicoletta Poidimani Difendere la razza. Identità razziale e politiche sessuali nel progetto imperiale di Mussolini

Venerdì 8 ottobre 2010 h. 17,00 c/o Csoa Ex Mattatoio, via della Valtiera P.S.Giovanni (Perugia). Sarà presente l’autrice.

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safetyORsecurity?_stati generali della precarietà_milano 9-10 ottobre


Agli Stati generali della precarietà_MI 9-10 ottobre 2010 workshop su Safety or Security?_ a cura del Collettivo Femminista SommossePg (una proposta di discussione sui temi della critica femminista e della produzione del Commofare a partire dalla presentazione lavoro di co-ricerca Safety or security? realizzato nell’ambito del Progetto regionale Mai Più violenze).

vedi il programma


La misura del valore è la nostra vita, e noi vogliamo vivere e vivere bene! Commofare e critica femminista del biocapitalismo nella città

Siamo il Collettivo femminista di Perugia Sommosse, composto da precarie e studentesse. Un anno fa abbiamo costruito un lavoro comune e condiviso nella città e nella regione con tante altre donne che ci ha portato a lavorare e ad intravedere una modalità di fare comune che può dispiegare un’enorme potenza. Dopo la grande manifestazione di Roma contro la violenza di genere/ o del genere (2008) e dopo due femminicidi (Cicioni e Menedith) che per motivi diversi sono stati particolarmente significativi nel nostro territorio ci siamo ritrovate a riflettere su come incidere nella nostra regione su questo tema.

L’Umbria è una regione con un altissimo tasso di femminicidi e una delle poche sul territorio nazionale che non ha un Centro Antiviolenza per donne. Assumendo come misura del valore della ricchezza sociale la presenza nel nostro territorio di una struttura del genere, in grado di garantire da una parte assistenza alle donne, ma d’all’altra di costituire un presidio politico-culturale contro il sessismo abbiamo iniziato una battaglia che per molti versi è solo cominciata. Incontri, assemblee e reti di donne hanno attivamente lavorato alla produzione di una attività che, almeno per un anno molto intenso, ha costruito nella regione e nella città un nuovo modo di interrogarsi su questi temi.

Forti del nostro numero e della nostra determinazione, della ricchezza e della complessità delle reti in scena, in cui sapere e competenze si mettevano in gioco dentro una dimensione comune e collettiva, abbiamo promosso e in parte progettato e realizzato il progetto Mai Più. Mille azioni per impedire ulteriori violenze, progetto finanziato dal Ministero delle Pari Opportunità e coofinanziato dalla Regione Umbria, al quale hanno aderito oltre circa 30 associazioni in gran parte di donne. Il progetto, molto articolato, si muoveva su diversi piani di intervento.

Quello che mostriamo oggi è una piccola parte del lavoro sulla città di Perugia, che è confluito in questa video-ricerca, che è stata pensata ed almeno in parte realizzata come una vera e propria co-ricerca. Safety or security è una video-ricerca che si interroga su come decostruire il concetto ideologico di sicurezza urbana attraverso la critica femminista e riportare al centro il tema del biopotere nella produzione dello spazio urbano e nei corpi, così come della necessità di costruire nuove prassi e nuove relazioni.

La nostra presentazione vuole dunque confrontarsi con voi su tre piani:

Che genere di violenza produce che tipo di corpi produttivi? Il primo piano riguarda un tentativo di analisi su che tipo di corpi produttivi il capitalismo cognitivo oggi ha bisogno (e quindi norma) e che come la costruzione del genere e della violenza che è legata allo stesso genere possano darsi come elementi che plasmano una nuova divisione sessuale del lavoro (anche internazionale) compatibile con il modello di subalternità, precarietà funzionale agli assetti del biopotere.

Produrre commonfare. Divenire rete Il secondo piano riguarda l’attivazione e costruzione di percorsi che tendono – attraverso sia le modalità della critica/conflitto e parimenti della prassi cooperativa – a produrre un nuovo welfare (commonfare) come riappropriazione della ricchezza sociale.

Dentro/fuori il reddito. Il reddito di cittadinanza e il divenire ricchezza sociale delle lotte contro il genere E’ ovvio che per quanto riguarda le donne, un nuovo commonfare si misura necessariamente con l’istanza imprenscindibile e immediata di un reddito di esistenza. Anche a partire dalla riflessioni sulle violenze e i femminicidi, va abbastanza da sé che se i soggetti non sono ricattabili dal punto di vista economico hanno la possibilità di costruire rapporti sociali e di sesso differenti. Il reddito è condizione indispensabile per uscire dalle secche della violenza (gli stessi Centri Antiviolenza parlano di donne che tornano a casa perché non hanno altra scelta), ma da sola non sufficiente. Ecco perché sono le modalità con cui noi costruiamo conflitto e pratiche rivendicative dentro, fuori, intorno al reddito, ma anche rispetto alla costruzione di un commonfare – che si produce attraverso nuove prassi, riflessioni, azioni, attivazioni di reti produttive che rompono la narrazione/costruzione binaria e dicotomica del maschile e femminile, sopra e sotto, egemone e subalterno- che sono fondamentali nel processo di cambiamento sociale. Solo l’entrata in scena delle nuove soggettività che si pongono fuori dalla norma dell’ordine sociale e sessuato sono in grado di imporre il valore incommensurabile della ricchezza sociale: ovvero il valore della vita.

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Dati Istat su molestie sessuali in Italia (2010)

Gli ultimi dati Istat ricavati nell’ambito dell’Indagine multiscopo sulla “Sicurezza dei cittadini” effettuata nel 2008-2009 rilevano che la metà delle donne italiane tra i 14 ed i 65 anni ha subito nell’arco della vita almeno una molestia sessuale. Più di 10 mln, equivalente al 51,8% delle donne, ha subito molestie fisiche, molestie verbali, telefonate oscene, pedinamenti e ricatti sessuali nell’ambito lavorativo.

Le più esposte sono le donne che abitano nei centri delle aree metropolitane (64,9%) e nei comuni periferici delle stesse (58%).

Le probabilità di subire una molestia è doppia rispetto alla media per le ragazze tra i 14 ed i 24 anni (38,6%), specie se laureate o diplomate, seguite dalle 25-34enni (29,5%): le donne con il tasso di vittimizzazione più basso hanno infatti la licenza elementare.

Frequentissimi sono i ricatti sessuali per carriera e quelli per assunzione: ripetuti quotidianamente o più volte alla settimana, nell’ 81,7% dei casi la vittima non racconta la richiesta di disponibilità ai colleghi, né tantomeno alle forze dell’ordine. Si preferisce, infatti, celare l’esperienza dietro la falsa motivazione della scarsa gravità dell’episodio (28,4%); dicendo di essersela cavata da sole o con l’aiuto di familiari (23,9%); mostrando sfiducia nelle forze dell’ordine, spesso impossibilitate nell’agire (20,4%); nascondendosi dietro la paura di esser giudicate o trattate male al momento della denuncia (15,1%).

Tra le donne vessate che hanno risposto al quesito, il 57,2 % ha volontariamente cambiato lavoro o ha rinunciato alla carriera, il 2,5% è stata licenziata, il 3,3% ha continuato a lavorare nello stesso posto come se niente fosse, il 2,7% si è messa in malattia, mentre nel 3,8% dei casi non vi sono stati cambiamenti di sorta.

Qui il testo integrale (pdf)

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Rieccoci!

vi siamo mancate?

preparate le vostre indecorose minigonne, la vostra rabbia, i vostri desideri, le vostre parrucche, i vostri mouse, le vostre paure, cacciate la voce, i vostri scarponcini, i calzini bucati, il rimmel, il vostro dildo… le sommosse tornano in città!

riunione martedì 7 settembre h.19 logge di p.zza IV novembre (vicino alle scalette)

vi aspettiamo numerose 🙂

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Perugia 2010. La città è in guerra, ma a dichiarare la guerra non siamo stat* noi

Michela, Lollo e Riccardo sono stati condannati in primo grado a 8 mesi e al pagamento di un totale di 16.600 euro di risarcimento danni più spese legali e processuali per resistenza aggravata e oltraggio a pubblico ufficiale.
Le richieste del PM (8 mesi) sono dunque state interamente accolte, così come erano state accolte le richieste di convalida degli arresti, dei domiciliari e dell’obbligo di firma.

Per non aver fatto nulla.
Ma non è questo che ci interessa principalmente discutere, ma il contesto in cui è avvenuto l’episodio degli arresti che ci racconta del momento in cui viviamo e delle strutture che regolano oggi le nostre vite. Non pensiamo che sia un caso il fatto che gli arresti siano avvenuti nel centro storico di perugia, oggetto da anni di intense politiche securitarie e di campagne mediatiche contro il degrado.

E così, negli anni, si è individuato un luogo: il centro storico
si sono creati gli attori-oggetti della rappresentazione: giovani, spacciatori, tossici
si sono messi in correlazione eventi: vita notturna, consumo di alcool e droga, spaccio, schiamazzi, aggressioni e, dopo gli arresti, anche la militanza politica.

L’insieme di questi fattori ci fa capire come questi arresti non siano un fatto di repressione su militanti politici, ma siano l’effetto di una costruzione entro cui tutti possono essere colpiti, in quanto tutti attori di questa rappresentazione. Questi arresti paiono essere dunque il punto finale di un percorso che ha portato all’istallazione di nuove telecamere, al rafforzamento della presenza delle forze dell’ordine nei luoghi d’incontro della piazza e alle ordinanze sul decoro urbano.
Con il particolare che gli arresti e la rigida volontà di difendere l’azione della polizia dimostra anche una determinazione da parte del sistema questura-magistratura locale di voler gestire le questioni cittadine anche con un volto autoritario e di vendetta (uno degli elementi del processo è la mancanza di rispetto verso le forze dell’ordine e il risarcimento morale verso gli agenti, come se la divisa portasse una condizione di super-umanità).

Pare dunque che al classico modello securitario si aggiunga in maniera fluida e non meccanica, nè escludente, un altro modello del controllo, più diretto, più violento, meno sofisticato.
Ci sembra di poter inserire dunque questo evento nella questione generazionale e nella questione di genere, dove è in atto un attacco diretto da tutti i punti di vista, formazione, reddito, stile e forme di vita, contro le precarie e i precari, gli studenti e le studentesse che vivono nel centro storico di Perugia e costruiscono la vita notturna della città.
Una guerra contro lo stile di vita, i desideri di una generazione senza futuro all’interno della crisi globale. Bere una birra in piazza è un’attività sospetta, così come sospetti erano i ribelli che si potevano identificare con una maglietta a strisce, simbolo di un’altra generazione che esattamente cinquant’anni prima della sentenza di ieri, 30 giugno, voleva ascoltare un altro tipo musica, organizzare diversamente la propria vita e conquistare nuove libertà.

Tutta nostra la città non deve essere uno slogan di militanza, il titolo di un’assemblea o un piano d’azione ma la voglia irresistibile di esserci.

 

Perugia 1 luglio 2010

Commonslab

 

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Noi donne in lotta… a tre mesi dall’arresto di Michela

“In questo mondo di cyberpoliziotti
noi vogliamo esplorare il nostro universo immaginario, i nostri
desideri e sogni di potere. Vogliamo disegnare l’avvenire a nostra
immagine”
Rosi Braidotti

Il 31 maggio l’ultima udienza del processo per resistenza a pubblico ufficiale a Michela, arrestata il 10 aprile scorso a Perugia mentre trascorreva una serata tra amici, è stata rimandata al 30 giugno 2010.

Dopo un primo periodo di mobilitazione, che ha visto prevalentemente un’attivazione sul piano personale e relazionale, noi del Collettivo Sommosse Perugia riusciamo ad uscire soltanto adesso con
un comunicato  ufficiale sull’aggressione subita, perché quanto accaduto a Michela è da considerare la situazione più critica da noi vissuta fin dall’inizio della nostra breve storia.

Un’azione repressiva del tutto gratuita e sovradimensionata, una vera e propria azione dimostrativa da parte delle forze di polizia che aspirano al governo della città di Perugia, che si conferma territorio privilegiato di sperimentazione di politiche della paura e del controllo.

Un’azione repressiva forte e indiscriminata, criminalizzante gli stili di vita, che ha colpito più duramente chi da sempre ha fatto sua l’opposizione al securitarismo e alle retoriche dei divieti, delle restrizioni, delle recinzioni.

Dal 10 aprile fino ad oggi si è andata progressivamente delineando sui giornali come nell’aula di tribunale una ricostruzione della vicenda che vede la stigmatizzazione dell’unica donna arrestata come la “deviante”: colpevole di avere fatto degenerare la situazione nel corso di un “ordinario” controllo di polizia, responsabile del coinvolgimento degli altri due ragazzi arrestati e infine legittimante la reazione repressiva da parte delle forze dell’ordine.

La retorica con la quale si vuole dipingere Michela come il pericoloso soggetto da cui è scaturito il “problema di ordine pubblico” riprende lo stereotipo sin troppo facile da ricalcare della donna aggressiva, ribelle e indisciplinata attraverso il quale da sempre si criminalizza, colpevolizza e reprime la capacità reattiva e la forza di autodeterminazione delle donne. Una forza sovversiva che si tenta in ogni modo di restringere e contenere entro un sistema normalizzante e repressivo “ordinario”.

In un momento di difficile gestione della città, a causa di diffuse e capillari politiche di repressione con le quali anche a Perugia si tenta di governare una crisi profonda e generalizzata che d’altro canto non vede una risposta forte da parte di chi questa crisi la subisce in misura maggiore (donne, migranti, giovani, precar*), noi intendiamo proseguire il nostro percorso di riconquista della città, di riconquista dei nostri corpi e dei nostri spazi, del nostro futuro.

Per questo saremo presenti alla due giorni su sicurezza, carcere e proibizionismo che si sta organizzando a Perugia
per il 25 e 26 giugno prossimi
, nella quale porteremo i nostri contributi sulla decostruzione del concetto di SICUREZZA che per noi significa libertà dalla violenza di genere, libertà dal controllo e dalle recinzioni, libertà di scelta e autodeterminazione, accesso al reddito, alla mobilità, alla cultura, alla felicità.

  Noi ragazze in lotta, ragazze cattive, vogliamo un presente in cui poter vivere e un futuro in cui poterci specchiare

Collettivo Femminista Sommosse Perugia

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