Perugia 13 febbraio: se non ora quando? SEMPRE

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Sul 13… Se non ora quando? SEMPRE!

dai territori, dalle donne, dai movimenti, dalla stampa sul 13 febbraio (qui è possibile seguire la diretta sms da alcune piazze):

“Caso Silvio” e comunicazione: intervista con Anna Simone

Lucciole, Graziose e Bocca di Rosa

13 Febbraio. Massa critica con gli ombrelli rossi. Noi vogliamo tutto

13 Febbraio. Partecipiamo con i nostri contenuti critici

Se non ora quando? Vale la pena uscire dai luoghi comuni

Le donne di Barcellona pozzo di Gotto (Messina)

Bologna: 13 febbraio Donne in Lotta!

Bologna: 13 febbraio é perbene né permale. Unite diverse libere

Chissà magari il 13 porta fortuna_Dumbles (Friuli)

Padova: se non ora quando? L’autodeterminazione non ha prezzo

13 febbraio no a Berlusconi, no a Marchionne

– la link/rete dela conoscenza ha avuto la bella idea di creare questo video dove viene “simbolicamente” spezzata ruby: http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2011/02/07/se-si-istiga-al-linciaggio-delle-prostitute/

– il corriere della sera ospita un interessante dibattito sull’appello di repubblica per la manifestazione del 13 febbraio. a differenza dei toni populistici, banali, e reazionari della repubblica stessa, gli interventi del corriere hanno invece un pò di sostanza. tra l’altro repubblica, se da un lato cavalca in senso antiberlusconiano la prostituzione e la mercificazione, dall’altro ospita una colonna di destra piena di articoli e gallerie fotografiche che sono una efficace rappresentazione della mercificazione.

Piazza e tempo della nostra saggezza

– Liberismi tra Focault e il Bagaglino

Le contraddizioni e il no alla crociata

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Puttanamente_Manifesto per un godimento polimorfico costituente

Qualche giorno fa mi è stato descritto un po’ meglio che cosa dovrebbe essere questo bunga bunga dei festini del basso impero berlusconiano. Poi mi sono fatta un giro su internet incappando in una definizione dell’Urban Dictionary (che è il dizionario digitale dei termini slang): “Brutale stupro anale, inflitto come forma di punizione a chi oltrepassa i territori di fittizie tribù africane”.

Preludio. Noi saremo tutto!… scusate noi chi?

Lasciamo perdere la destra, i suoi rappresentanti, i suoi giornali, non è il caso, evidentemente, di prenderli in considerazione. Ma l’immaginario coloniale e sessista che evoca il bunga bunga riguarda una dimensione che attraversa la gran parte della società italiana maschile e femminile, nel suo insieme e che passa anche per una sinistra in parte bigotta (che sente l’offesa verso le donne, madri mogli perbene), in parte ammiccante e compiaciuta che si incontra in lungo e largo nel web. Da notare, tra gli altri, ad esempio, le playlist musicali sul tema che diventano cult: vengono sfoderate dal quotidiano la Repubblica che le indica come la playlist di Ruby (e non di Berlusconi badate bene) sul tema del momento, “Il Bunga Italia”. Oppure le brillanti battute su Ruby rubacuori – rigorosamente da omettere – in giro un po’ ovunque, anche sul blog satirico www.spinoza.it. Non entro nel merito della raccolta delle firme delle donne del PD che si dichiarano scandalizzate delle condizioni di vita/lavoro delle giovani solo in occasioni delle campagne antiberlusconiane (come se il problema fosse poi solo il potente orco blu, e non il sistema di potere che lo nutre – seppure il premier sia da considerare, in effetti, un essere veramente ripugnante). Mi interessa la dimensione polisemica di questa narrazione che comporta interrogazioni più profonde su cosa vogliamo essere e su cosa vogliamo divenire. Durante una recente assemblea qualcuno ha pensato di fare battuta gradita rivendicando, all’interno di un ipotetico nuovo sistema di welfare, oltre al reddito anche il bunga bunga garantito, e questo mi ha particolarmente illuminato, riconsegnandomi un modo per dipanare l’ordine del discorso.

La narrazione del bunga bunga è dunque pervasivamente incominciata, adattandosi alle forme del vivere, del dialogare, del pensare, del progettare il mondo. A questo punto si impone una decostruzione, o meglio se il bunga bunga è un sito polisemantico proviamo a costruire una nuova narrazione che ponga le basi della crisi stessa del bunga bunga e che, a questo punto, possiamo definire (scegliendo tra molteplici possibilità) in tre modi (tra loro intrecciati oppure no): 1) un rituale performativo che evidenzia (se ce ne fosse stato ancora bisogno) la natura fallocratica della governance berlusconiana; 2) un commercio che prevede prestazioni sessuali in cambio di denaro e beni (il sesso è una merce come la comunicazione) dentro la società capitalista, e che ha a che fare con dei clienti e delle lavoratrici/ori; 3) una pratica sessuale dove entrano in scena (ipotetici?) rapporti asimmetrici di potere.

Primo itinerario

Bunga bunga as ritual power. Forme della resistenza

Il potere punta continuamente a fabbricare “corpi docili”. Il culto del denaro, la spettacolarizzazione, la notorietà, il successo, il merito, il sacrificio sono – e lo sono particolarmente nell’era berlusconiana- alcune delle armi che mette in campo: il regime disciplinare si attiva con sempre novelle pratiche di dominio. Il bunga bunga come rituale performativo ci parla delle pratiche di assoggettamento e della produzione di corpi “femminili” subalterni e “reificati” per il consumo sessuale. Tali pratiche (di cui il bunga bunga rappresenta la versione del nudo sovrano) si sono intrecciate per decenni alla riproduzione velinificata (da velina) dell’immaginario femminile, come corpi al servizio del piacere e della sessualità fallocratica. Ancora tali pratiche/rappresentazioni offrono –nel tempo della crisi- un controaltare speculativo all’immaginario di domesticità, focolare, famiglia attraverso il quale le donne devono essere rieducate per riprendere (umilmente direbbero la Gelmini e Marchionne) i loro tradizionali posti.

Svariati maitres à penser ci stanno adesso spiegando, che cosa siamo (dovremmo essere) e come lo siamo. Imbroglio insopportabile, paternalistico, presuntuoso, quello di parlare (benevolmente, chiaro!), al posto delle donne. Noi siamo ben lontane dall’introiettare l’immaginario sessualizzato nel quale il potere prova a intrappolarci. Siamo convinte, con Foucault “che il sesso non sia una fatalità ma una possibilità di accesso alla vita creativa”. Ma, in questo contesto capitalista e maschile, così come il genere anche la sessualità, vista nel suo esplicarsi sedimentato, triste e rituale, è un dispositivo. Diventa allora bunga bunga, che passa per ciò che solamente si conosce e si riproduce, ordinariamente. La prima forma si resistenza è costituita dunque dallo svelare l’ordito, dal conoscere il contesto, dalla consapevolezza del meccanismo. La seconda sta invece nel creare e ricreare, trasformando la situazione. Non possiamo non darci, ma proprio essendoci possiamo cambiare la situazione.

Secondo itinerario

Bunga bunga as sex work. La produzione biopolitica oltre le differenze delle forme produttive

Le donne lavorano. Da sempre. Esplicano tutti i generi di attività. Nella divisione sessuale (internazionale e non) del lavoro, le donne si trovano spesso a svolgere oltre i lavori riproduttivi at home- senza un reddito riconosciuto- (fare figli, occuparsi del menage domestico, degli anziani di casa…) anche lavori che afferiscono ad una sfera riproduttiva/produttiva che definiamo di welfare privatistico, fanno le badanti, fanno le colf, le tate e le sex workers (o se preferite le puttane) (da premettere che il sex work- così come per altri lavori riproduttivi- non è un lavoro solo al femminile, ma viene svolto anche da uomini, trans, etc…). Fanno questi lavori per un’intera vita, oppure per qualche anno, oppure li fanno ogni tanto mixandoli ad altre forme del lavoro di solito con magre entrate salariali.

Il sex work, è un lavoro che si svolge a ridosso del corpo e che attiene alla presa in carico e cura del corpo dell’altro e delle sue emozioni. Chiaro che questo lavoro si svolge non in un contesto di libertà, ma dentro una società capitalistica costruita dentro rapporti e gerarchie di potere che hanno a che fare con i corpi sessualizzati (e razzializzati) e precarizzati. Qual è la differenza che passa tra vendere il proprio corpo-forza-lavoro in una fabbrica di Marchionne, o in una villa berlusconiana, in una universitaria fabbrica del sapere, o in un campo di pomodori di Rosarno? Provocatoriamente potremmo rispondere: nessuna!

Se tocca abbattere la cultura lavorista e cercare di spiegare che oggi il lavoro è sociale – ovvero corrisponde all’insieme delle attività distribuite nella produzione diffusa- e viene prodotto e riprodotto incessantemente, attraverso la conoscenza, le relazioni, la cura, oltre che alla fatica, come non cercare di abbattere la morale che confina le pratiche prostituzionali in un luogo di dannazione, negandone la dignità del lavoro?

Terzo itinerario

Bunga bunga as sexual pratice: biopolitica, genere e piacere

I corpi non esistono di per sé, ma dentro reti di relazioni sociali che li riproducono e li significano. La produzione dei corpi nella società è legata a un dispositivo di potere eterosessista normativo: i corpi normati sono sessualizzati nelle categorie dicotomiche del maschile-femminile. Ciò che eccede dalla norma è altro, “diversità”, se non devianza o malattia. La stessa strutturazione binaria del genere, dunque, definisce e concorre a plasmare rapporti di potere asimmetrici incarnati nei corpi. La produzione biopolitica è una produzione che ha a che fare con i corpi, corpi che sono al lavoro e che sono dentro questi stessi dispositivi che li producono binariamente. La sessualità e il piacere sono al centro di questa costruzione binaria: la sessualità si pone come un dispositivo di potere dal momento in cui il maschile si costruisce in termini di controllo del corpo femminile e di pieno accesso alla fruibilità del piacere, il femminile si costruisce, in una certa misura, attraverso l’idea di subalternità della sessualità femminile e della sua funzionalità alla sessualità maschile dominante. Normalmente quando il confine di genere viene superato, le donne sono relegate e “controllate” attraverso la categoria morale stigmatizzata della prostituta.

Dunque, il modello di sessualità dominante comporta la produzione dei corpi in cui si inscrive la dicotomia del maschile e del femminile: plasmando i corpi si definiscono le stesse gerarchie di potere che alimentano la divisione sessuale (e internazionale del lavoro). Il cerchio è chiuso.

Come una metafora eccedente, il bunga bunga as sexual pratice, racconta dell’intreccio tra potere, sesso/piacere e produzione nella “normalità”, e non soltanto la decadenza di un vecchio porco sovrano.

Finale. Dalla resistenza alla dichiarazione di guerra di Pris

Noi donne, fike, puttane (al lavoro o no) vorremmo rivoluzionare l’immaginario e le pratiche del piacere e della sessualità. Questo perché sappiamo che da ciò dipende non solo il nostro piacere, ma una nuova idea di vita, di cooperazione e di felicità comune. Per questo nel comune combatteremo perché sia viva la potenza costituente di un nuovo godimento, che con creatività e determinazione abbatta le gerarchie del genere e del lavoro. Vogliamo godere oltre le vecchie regole e sappiamo che questo ha una valenza rivoluzionaria.

Perché il nuovo welfare sia comune, rivendichiamo contro il capitalismo della precarietà: la democrazia del piacere, la libertà di scelta del lavoro e il reddito garantito. Decretiamo per questo – dentro la crisi del capitalismo globale – inaugurata la fase della crisi del bunga bunga (di destra e di sinistra) e cominciata la lotta per l’istituzione di un godimento polimorfico costituente.

Pris

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Un’indagine su genere e città @ Action Rock vol.3 Festival delle produzioni indipendenti

Action Rock vol. 3, terza edizione del Festival delle produzioni indipendenti che si svolgerà presso il Csoa Ex-Mattatoio di Perugia il 4 e 5 febbraio 2011, oltre a promuovere band e musicisti che si muovono nel panorama della musica indipendente, a livello locale e nazionale, mira sempre più a valorizzare pratiche attive che elaborano nuove forme di indipendenza dentro e attraverso la musica, l’arte ed la cultura in generale.

Prende vita un laboratorio metropolitano che intreccia diverse esperienze e che interpreta in senso contemporaneo l’esercizio di indipendenza nelle produzioni artistiche. Una contemporaneità che vuole e deve andare oltre ogni idea di “scena” o di “genere”, di “circuito” e soprattutto di “underground”.

Con la crisi del modello di “label” e di produzione tradizionale, i processi di creazione, distribuzione e fruizione dell’opera musicale, visuale ed artistica stanno abbattendo sempre più i confini che le tenevano separate.
Si stanno aprendo nuovi campi di azione per le produzioni indipendenti, nuovi orizzonti e prospettive per gli spazi sociali che da sempre hanno promosso questo modo di fare e pensare la musica.
E’ per questo che, attraverso eventi come Action Rock, vogliamo valorizzare un’ idea cooperante di musica e di arte indipendente, in grado di liberare saperi, passioni e competenze che quotidianamente attraversano gli spazi sociali e dilagano nella metropoli.

Nel corso dell’evento sarà dato spazio anche alla video-ricerca “Safety or security? su città, sicurezza e genere (ven 4) e sarà presentato VAGIpg rete di produzione Video Audio Grafica e Inchieste (sab 5).

Questo il programma delle serate:

venerdì 4 febbraio

Dalle ore 21:

“Safety or security? Quale genere di sicurezza per la mia città?”
video-ricerca realizzata da Roberta Pompili, Paolo Sacchetti, in collaborazione con: associazione Tana Liberetutte – collettivo femminista Sommosse Perugia – le studentesse e gli studenti del Dipartimento Uomo e Territorio, sez antropologica.

Dalle ore 22:

– Acrox / cross over punk ; Perugia
-Red Onions / progressive-psichedelica ; Perugia
http://www.myspace.com/redonions
-Volvedo / alternative-indie ; Perugia
http://www.myspace.com/volvedo
-Butcher Mind Collapse / noise ; Jesi (AN)
http://www.myspace.com/butchermindcollapse
-Mombu (feaut. Luca Mai sax from ZU – Antonio Zitarelli drums from Neo)
http://www.myspace.com/554581728
a seguire djset
skyro + guest (Electrock)

sabato 5 febbraio

Dalle ore 21 presentazione del VAGI:
VAGI pg è una rete di produzione Video Audio Grafica e Inchieste che nasce all’interno della metropoli perugina del dissenso all’inizio del 2011, per raggruppare, produrre e firmare con un unico logo tutti i progetti portati avanti.
“1 Marzo Perugia Lo sciopero degli stranieri” (C. Arditi)
“Free Ticket Day” (E. Stella – A.P. Lancellotti)
“Que se vayan todos” (E. Stella)
“30 novembre” (E. Stella)
“28 gennaio sciopero della Fiom. Parte 4. I Blitz” (E. Stella)
http://www.facebook.com/home.php?sk=group188967447789170

Dalle ore 22:

-Radiolari / synth-wave ; Magione (PG)
http://www.myspace.com/radiolari
-Spasmodicamente / indie ; Foligno (PG) – presentano il nuovo EP in anteprima assoluta
http://www.myspace.com/spasmodicamente
-Beatter Compari / caleidoscopio blues-folk funk d’autore ; Perugia
http://www.myspace.com/beattercompari
-Edible Woman / noise-postpunk ; Fano (PU)
http://www.myspace.com/ediblewoman
a seguire dj set
visual addiction (dubstep)
dj south beat (break)

In entrambe le serate oltre le proiezioni di materiali visuali idipendenti, saranno esposte opere da parte degli studenti dell’ Istituto Statale d’Arte Bernardino di Betto Perugia.
Cucina vegan sempre aperta a cura del collettivo Vegan Cuisine Squad.

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Il genere non si riforma né si trasforma: si abbatte!_w la postpornografia

Beatriz Preciado su binarismo sessuale e pornografia

L’attribuzione alla nascita del maschile e del femminile ha a che vedere non con la carta cromosomica ma con una convenzione visuale, con un’estetica del corpo, della sessualità e del sesso. Il corpo è multiplo, il corpo è plastico e possiede una molteplicità di espressione che non può ridursi alle categorie del femminile e del maschile. La stessa categoria di genere è funzionale alla riduzione di quesa molteplicità al maschile e femminile (…)“.

La pornografia è uno dei tentacoli del biopotere: opera normalizzando e naturalizzando la relazione tra gli organi e trai corpi. Non rappresenta la realtà del sesso, ma propone una pedagogia della sessualità. Opera come una macchina performativa che produce realtà e identità sessuali: dice esattamente come utilizzare gli organi, in quali situazioni, con chi. Decide qual è lo spazio pubblico e qual è il privato, qual è un organo sessuale e quale no (…)“.

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Liberate your mind, Your ass will follow_Perché ci piace il post-porno?

Da AutAutPisa:

“C’è vita al di là del mondo normalizzato” – Beatriz Preciado

Nella storia della lotta delle donne per la liberazione sessuale alcune problematiche hanno sempre provocato difficoltà di analisi e grandi imbarazzi. Tra queste la più controversa è indubbiamente quella sulla pornografia. L’industria pornografica contemporanea, caratterizzata da una produzione seriale e una distribuzione su larga scala, nasce negli anni ’50 negli Stati Uniti. Nel 1953 Hugh Hefner lancia una rivista nuova, dedicata agli uomini. Nel primo numero di questa rivista compare la foto a colori di una giovane donna seminuda destinata a diventare una diva erotica del XX secolo. La ragazza è Marilyn Monroe, la rivista Playboy. In piena guerra fredda Playboy, trasformandosi nella rivista maggiormente distribuita negli Stati Uniti (alla fine degli anni ’60 era arrivata ad avere un pubblico maschile di più di sei milioni di lettori), apportò un contributo eccezionale al cambiamento del panorama culturale e dell’immaginario sessuale maschile.

Nascono con Playboy nuovi miti erotici: la ragazza della porta accanto, la coniglietta, la cameriera, la segretaria… Lo sguardo dell’uomo si insinua in una artificiosa intimità per spiare le vite surreali di donne giovanissime, chirurgicamente rimodellate e apparentemente prive di una ricerca del piacere non funzionale a quello maschile. I corpi nudi che vengono mostrati sono frutto di una ricercata architettura di genere, i canoni estetici rappresentano l’esasperazione di ciò che è considerato “femminile”: il risultato è un paradosso. Il mondo dell’immaginario pornografico è popolato di superfemmine che svolgono azioni quotidiane, come passare l’aspirapolvere o battere a macchina, e che con espressione di sorpresa e accondiscendenza soddisfano le voglie del maschio di turno. E’ proprio questo immaginario sessuale, che ha popolato le fantasie degli uomini per decenni, ad aver contribuito alla costruzione di un modello sociale fortemente etero normativo, ossia di imposizione della eterosessualità come norma, dove la divisione tra il maschile e il femminile era stabilita e rappresentata da corpi esasperatamente sessualizzati e da ruoli ben definiti. Inoltre, la pornografia era, e prevalentemente rimane, un prodotto di uomini per gli uomini.

La ricerca del piacere, che non sia quella del maschio, non è immaginata, tagliata fuori da ogni narrazione e rappresentazione. Sebbene l’industria pornografica si sia con gli anni allargata, cercando di aprirsi a nuovi me rcati, come al pubblico omosessuale, il punto di vista che prevale è sempre quello dell’uomo. E con uomo intendo quello che è stato definito il grado zero di normalità nella società eteropatriarcale capitalista: il maschio bianco occidentale eterosessuale di classe media. Con queste premesse è comprensibile la critica mossa da molte femministe all’industria pornografica, accusata quindi di commercializzare i corpi delle donne, svilirne la sessualità e creare stereotipi e modelli lontani dalle persone reali con ripercussioni violente sulle loro vite. Meno comprensibili sono alcune scelte politiche di alcuni gruppi femministi che, soprattutto negli Stati Uniti degli anni ’80, hanno mosso una guerra alla pornografia in quanto tale.

L’oscenità della pornografia sta nel collocare al centro ciò che è considerato intimo e privato. La sessualità è infatti considerata un fatto personale. L’industria pornografica rompe questo tabù, non con l’intento di liberare la sessualità degli individui ma imponendogli un modello e arruolando un esercito di maschi addestrati a “marciare a tempo”. Il meccanismo funziona così bene che non è un caso che televisione e pubblicità ci bombardano di corpi e ammiccamenti a sfondo sessuale. L’allusione viene recepita perfettamente da sensibilità sovra stimolate e sovra eccitate. In questo panorama a dir poco inquietante, nascono nuovi progetti e nuove forme di lotta.

anatomy of a pin up. annie sprinkle

Se la sessualità è un fatto personale allora, come ha teorizzato Kate Millet, è anche una questione politica. E altrettanto è la sua rappresentazione. Dal rifiuto alla pornografia mosso dal femminismo degli anni ’70-’80, si stanno aprendo nuovi orizzonti nella lotta alla normalizzazione sessuale agita dall’industria pornografica. Nasce il postporno nelle sue molteplici forme e pratiche. Tra le anticipatrici di questo movimento c’è indubbiamente Annie Sprinkle, che da attrice porno diventa regista e performer con l’intento di smascherare il maschilismo della pornografia fino ad allora realizzata. A lei si deve l’inizio del Do it Yourself postporno.

Iniziano a circolare lavori realizzati da donne per un pubblico femminile, si girano i primi “porno per donne”, e i video porno femministi come la più attuale raccolta di cortometraggi “Dirty Diaries” della svedese Mia Engberg o i film della regista Erika Lust. Progetti ancora legati al circuito commerciale ma che inseriscono comunque elementi di rottura all’interno dell’industria pornografica. Nascono laboratori di postporno creati da gruppi e collettivi queer o femministi, completamente autogestiti, dove alla riflessione teorica si affianca la pratica di produzione e sperimentazione di nuove forme di desiderio. Il postporno non vuole togliere la rappresentazione della sessualità dalla scena pubblica, quindi dal piano politico, ma vuole intervenire per sovvertire e dare voce all’immaginario di tutti quei soggetti esclusi, marginalizzati, umiliati dalla pornografia maschilista funzionale al mercato e alla riproduzione della divisione binaria dei generi.

Il postporno si rivolge alle persone e le sprona a smettere di subire i modelli sessuali imposti e diventare le proprie personali pornostar. La sua azione non è semplicemente dare voce (e gemiti) a chi non si considera il pubblico della pornografia mainstream, ma quella di inventare nuove forme condivise, collettive, visibili, aperte.

Il postporno è il copyleft della sessualità che supera le barriere imposte dalla rappresentazione pornografica dominante e il consumo sessuale normalizzato. Il suo obiettivo è modificare la sensibilità e la produzione ormonale attraverso un movimento politico che costruisca in maniera liberata e partecipata ciò che è considerato privato e vergognoso. Perché ci piace? Perché scardina le dinamiche di genere, è insubordinazione, divertimento e desiderio. È la nostra rivoluzione sessuale.

lafra

Per approfondire l’argomento utilissima questa raccolta di link, bibliografia e video realizzata da Slavina.

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Legge Tarzia, tra biopolitica e fondamentalismo. La produzione dei corpi di stato al tempo della crisi

di ROBERTA POMPILI

Le politiche di controllo della fertilità e di normazione dei corpi ri/produttivi sono in atto da tempo nel nostro Paese. Nel 2007 un articolo pubblicato su American Anthropologist[1] esaminava tali politiche, in particolare occupandosi della proposta di baby bonus per incentivare le nascite fatta nell’anno 2003 dal governo Berlusconi e la successiva legge 40 (2004) la cui approvazione ha condizionato e ristretto la possibilità di ricorrere alle pratiche di procreazione assistita. Le due autrici del saggio, osservando l’incremento di discorsi scientifici e politici circa il “problema” demografico in Italia (che si sono avviati sin dagli anni Novanta), mettono in evidenza la comparsa di un fronte pronatalista, contemporaneo al manifestarsi di un nuovo ordine ideologico nel quale la bassa natalità viene ritenuta dannosa. Secondo l’analisi condotta nel saggio, non è affatto casuale la coesistenza di incentivi per invertire la bassa natalità e di proibizioni riguardanti la procreazione assistita. Entrambi i temi vanno inquadrati all’interno di politiche di governance e di “coesione sociale”. Discorsi scientifici da un lato e populisti dall’altro che hanno un unico obiettivo, ovvero funzionano come una sorta di “viagra sociale”. In definitiva, servono a “ringiovanire” le norme familiari. Provano a fortificare e a rinvigorire il terreno politico dello stato-nazione, soggetto a una crisi irreversibile che rende faticoso raggiungere e a mantenere la supposta “modernità”, contro lo sfondo dell’immigrazione e visto il problema dell’invecchiamento della popolazione.

La proposta di legge regionale Tarzia rappresenta un nuovo tassello di queste politiche di governance. L’interesse di Olimpia Tarzia per le questioni legate alla natalità è di lunga data. In quanto promotrice del Movimento per la vita e della fatidica giornata del Family day, la consigliera sì è da sempre occupata di temi inerenti la riproduzione. Il suo attacco ai consultori pubblici va inserito in una situazione di generale difficoltà della sanità pubblica – sottoposta alla logica della privatizzazione – e per gli stessi servizi consultoriali che lamentano una cronica mancanza di personale (laddove esiste). Era il 1975 quando fu approvata la legge nazionale 405 che istituiva i consultori pubblici. Questa legge, come altre leggi degli anni ’70 (legge sul divorzio, depenalizzazione dell’aborto) era conseguente a una lunga stagione di lotte delle donne, la cui soggettività radicale aveva contribuito a trasformare le strutture di dominio e le gerarchie di genere della società italiana. Nonostante i consultori venissero definiti “familiari”, la legge affermava per la prima volta nel diritto del nostro stato la separazione fra riproduzione e sessualità femminile, principio che troverà ulteriormente legittimità nella legge 194 del 1978. La legge Tarzia di “riforma e riqualificazione dei consultori” si propone di modificare radicalmente il ruolo, la funzione dei consultori nonché la loro stessa organizzazione.

La Tarzia pone come obiettivo la ridefinizione del “ruolo dei consultori non più strutture prioritariamente deputate a fornire in modo asettico una serie di servizi sanitari o pari-familiari alle famiglie, bensì istituzioni vocate a promuovere la famiglia e i valori etici di cui essa è portatrice”. Mentre la legge 405 parla di un servizio e di accesso allo stesso della famiglia, della coppia e del singolo, la Tarzia riconosce socialmente solo la famiglia e in particolare quella fondata sul matrimonio, “valorizzata e tutelata nelle sue caratteristiche di unità e fecondità” (articolo 1). E se la sacra famiglia sancita dal matrimonio è dedita, come suo ruolo naturale, alla procreazione (ruolo da tutelare e vigilare), lo sguardo successivo della legislatrice si posa immediatamente sulla maternità e sul concepimento: il concepito diventa immediatamente “vita nascente” e “membro di una famiglia”. A tale proposito vengono previste procedure molto dettagliate finalizzate a evitare (e ostacolare) l’interruzione volontaria di gravidanza. Ma la proposta della Tarzia ha un elemento di “innovazione” ulteriore, molto interessante dal punto di vista della governance: la presenza di associazioni e di gruppi pro-family e di volontariato che dovrebbero entrare nel meccanismo di gestione e controllo dei consultori pubblici e quindi della vita familiare. La proposta di legge del Lazio in questo senso è un banco di prova, un test per il territorio nazionale, in cui si misura la possibilità di un nuovo welfare comunitario e societario, basato sulla sussidiarietà in un mix privato-pubblico: il pubblico non è completamente dismesso, ma palesemente subalterno e funzionale da una parte all’imposizione di supposte norme “etiche” e valoriali e dall’altra all’avanzata aggressiva degli interessi privati (vedi gli sgravi fiscali agli enti che collaborano volontariamente nella struttura e l’equiparazione e il finanziamento dei consultori privati). Consultori preposti a vigilare sulla famiglia, restrizione delle norme sulla procreazione assistita, baby bonus: “viagra sociali” per reinventare la famiglia e lo stato-nazione, dicevamo.

Politici, gruppi tradizionalisti e cattolici si affannano a imporre un ordine sociale sessuato attraverso la rinnovata centralità della famiglia eterosessuale, per cercare di contenere una complessa e dinamica realtà sociale che produce incessantemente nuove forme di vita, relazione, sessualità, affetto ed è … incontenibile. D’altra parte, l’imposizione egemonica del modello del nucleo famigliare tradizionale (eterosessuale e possibilmente autoctono) contribuisce, nella crisi della contemporaneità, a risituare i corpi femminili nello spazio domestico, nel lavoro di cura, nella dimensione del welfare privatistico familiare rilanciata dalla crisi finanziaria globale. In un certo senso, la biopolitica contemporanea si allea al fondamentalismo, che cerca di negare ai corpi la loro potenza nello spazio pubblico per ricacciarli nello spazio privato e nelle più classiche gerarchie del genere.

Proprio per questo la sfida che abbiamo davanti è quella di irrompere nello spazio pubblico e riappropriarci dei consultori – così come di tutti quegli spazi di cui abbiamo bisogno – e, attraverso pratiche costituenti, risignificarli, reinventandoci contemporaneamente il welfare adeguato alle nostre nuove esigenze. I movimenti delle donne, che hanno in passato dato vita a questi stessi consultori, sono tornati in scena: nel Lazio come nel resto d’Italia sono pronti a raccogliere questa sfida e da mesi animano turbolente assemblee e vivaci iniziative. L’autonomia e la libertà sessuale, l’autodeterminazione delle scelte di vita, la salute stessa delle donne sono al centro di questo conflitto: corpi fuori dalla norma, soggettività eccedenti reclamano un’altra vita e non sono disposti ad alcuna mediazione: “Questa è vita e qui non si tratta!”, dichiarava un volantino dell’assemblea delle donne in difesa dei consultori del Lazio.

[1] E. L. Krause, M. Marchesi, Fertily Politics as “Social Viagra”: Reproducing boundiers, social cohesion and Modernity. American Anthropologist, (2007) vol. 109, Issue 2, pp.350-362

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In Umbria dalle donne alle donne

PERUGIA

  • Gruppo di parola e di Auto Mutuo Aiuto – Rete delle donne Anti Violenza Onlus

Ogni martedì dalle 18 alle 19 a Ponte Felcino (Perugia) presso la sala dell’Auditorium, in via Vincenzo Maniconi (accanto all’Ufficio di Cittadinanza). In autobus Linea M- Villa Pitignano, Linea P- Villa Pitignano Resina: Fermata “Scuole/CVA Ponte Felcino.

Ogni donna rappresenta un’unica storia di vita fatta di amore, esperienza, dolore, rabbia, gioia e ingiustizia e tutte avremo molto da condividere, per arricchirci a vicenda e sentirci più forti e più sicure, per avere più fiducia in noi stese e nelle nostre potenzialità. Un gruppo per sole donne per lavorare tutte insieme al potenziamento dell’autostima e al riconoscimento di situazioni di violenza di genere in ambiente domestico, lavorativo e negli ambiti sociali, per la ricerca di strumenti di prevenzione e contrasto attraverso il confronto, la danza e imparando tecniche di rilassamento. Il gruppo è laico, interculturale, autonomo e  autogestito dalle donne dell’associazione.

Da martedì 1 febbraio 2011 inizierà anche un corso di danza orientale tenuto da Francesca Borgioni, che offrirà un approccio alla danza  capace di esaltarne l’effetto positivo e salutare per il corpo e la mente.Le lezioni sono aperte a tutte le donne che hanno il desiderio di intraprendere un percorso per prendersi cura di se stesse  perché crediamo che la salute, intesa come benessere psicofisico, sia fondamentale per un mondo migliore. Porta abbigliamento comodo e una coperta o un materassino.

Per maggiori info sui gruppi e i corsi di danza:
Therese: 388 893 06 82
Francesca: 340 277 30 82
Elisabetta:  3495736198

Contatti:
Tel: 327 6846430 (Adelaide)
E-mail: retedonneperugia@libero.it
Facebook: http://www.facebook.com/group.php?gid=188680871298

ORVIETO (Terni)

  • Centro di Ascolto per Donne che non vogliono più subire Violenza – Associazione L’Albero di Antonia

Offriamo gratuitamente ascolto, orientamento sui servizi territoriali e supporto legale per sostenere le donne nel loro personale percorso di uscita dalla violenza e, naturalmente, garantiamo la massima riservatezza.

Nel 2011 partiranno corsi di autostima, teatro e sul ciclo mestruale.

Se ne farete rischiesta, scrivendoci una mail, verrete aggiornate sulle iniziative dell’associazione.

Contatti:
Tel: 377 1850991 (la segreteria telefonica comunica gli orari di apertura del centro)
E-mail: alberodiantonia51@yahoo.it
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Gio 2/12/2010 presentazione libro Anna Simone

L’INCONTRO è SPOSTATO NELL’AULA MAGNA DI LETTERE OCCUPATA

Giovedì 2 dicembre 2010 alle h. 17,00 presso la Facoltà di Lettere e Filosofia, aula gypsoteca

presentazione del libro di Anna Simone_ricercatrice precaria Università di Napoli

Corpi del reato. Sessualità e sicurezza nella società del rischio

Dalle recinzioni alla norma eterosessuale, dal razzismo alla violenza di genere. Mappe di una città contemporanea in cui si producono corpi, identità, marginalità, paure.

Sarà presente l’autrice.

A seguire aperitivo_dj set

A cura di:

Collettivo Femminista Sommosse Perugia/Associazione Tana Liberetutte

Onda Perugia (ondaperugia.noblogs.org)

DUT Dip. Uomo & Territorio sez. antropologica Univ. di Perugia

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La legge Tarzia è violenza sulle donne

25 NOVEMBRE:

GIORNATA MONDIALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

SALVIAMO I CONSULTORI PUBBLICI DALLA REGIONE LAZIO

E’ in atto un attacco concentrico ai diritti delle donne che – partendo da più fronti, cinicamente organici tra loro – mira ad un solo obiettivo: cancellarne i diritti acquisiti con anni di lotte, isolarle l’una dalle altre per limitarne la forza, negarne l’autodeterminazione, ricacciarle nel privato, limitarne la soggettività, indurle al silenzio. farle regredire. E’ in atto una politica e una cultura reazionaria che trasforma ragazzine in escort per i potenti, immigrate in prostitute, donne consapevoli in corpi riproduttivi purché sposate.

Le donne del Lazio, native e migranti insieme,  si oppongono con forza a tutto questo   DICONO NO

alla violenza che scaturisce dalla precarietà che nega alle giovani donne il diritto al futuro e alla realizzazione di una maternità desiderabile.

alla  violenza insita nella visione ufficializzata nel Forum della Famiglia (quale famiglia, quella coniugata, con i documenti “a posto”, dove troppo spesso le donne sono vittime silenziose della violenza del coniuge regolarmente sposato?)

alla violenza che viene perpetrata nei confronti delle donne nei CIE (Centri di identificazione e di espulsione) o nelle mani dei trafficanti di carne umana e di sfruttatori appartenenti alla malavita organizzata. Non vogliamo essere oggetto di violenza, oggetti sessuali, oggetti riproduttivi. Siamo persone e cittadine.

Le donne del Lazio riunite in assemblea permanente da luglio

DICONO NO

alla proposta di legge Tarzia (con l’accordo di Polverini) sulla riforma dei Consultori :   proposta indecente perché mira a chiudere quelli pubblici spostando i soldi  su quelli privati a fine di lucro e di stampo confessionale, che saranno legittimati a controllare le donne, le coppie e le famiglie e le loro scelte personali e riproduttive sulla base di un unico modello ideologico. Una proposta che cancella con un colpo di spugna, persino in ostentato spregio delle leggi nazionali e alla Costituzione, i diritti acquisiti dalle donne con anni di lotte, negandone l’autodeterminazione e la responsabilità personale.

Per combattere tutte e tutti insieme,  invitiamo le cittadine e i cittadini del Lazio a partecipare al presidio  che si svolgerà sotto la sede della Regione Lazio, Via Rosa Raimondi Garibaldi, la mattina del 25 novembre prossimo alle ore 10.

Invitiamo le nonne e i nonni a partecipare per rivendicare il loro diritto ad amare e curare i loro nipoti e per DIRE NO all’obbligo ex lege di provvedere alla loro “custodia”.

MANIFESTAZIONE 25 NOVEMBRE 2010 – ORE 10

REGIONE LAZIO – VIA ROSA RAIMONDI GARIBALDI

Assemblea permanente delle donne contro la proposta di legge Tarzia

Il Governo annuncia che domani ci sarà il voto definitivo del Ddl Gelmini alla Camera, la Sapienza pronta risponde! Questa mattina si sono svolte assemblee molto partecipate in tutte le facoltà e successivamente hanno deciso per l’occupazione i dipartimenti di fisica, Ingegneria, Igiene e Scienze Politiche. L’obiettivo è quello di fermare l’approvazione della riforma universitaria, un disegno di legge che di fatto sancisce la fine dell’università pubblica italiana.
“Domani saremo in migliaia ad assediare il Parlamento” annunciano gli studenti dalle assemblee. Domani mattina l’appuntamento sarà alle 9 a Piazzale Aldo Moro per bloccare le lezioni, chiudere i dipartimenti e poi dirigersi verso Montecitorio.

Continui aggiornamenti su www.ateneinrivolta.org……. rimanete collegati!

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