Il 20/06/12 la Corte Costituzionale esaminerà la costituzionalità della legge che dal 1978 sancisce e regolamenta il diritto all’interruzione di gravidanza; la richiesta di tale procedimento è arrivata da un giudice di Spoleto, chiamato a pronunciarsi su un caso molto delicato relativo ad una richiesta di interruzione di gravidanza da parte di una minorenne.
Il giudice minorile ha utilizzato questo caso per sollevare un incidente di costituzionalità relativa all’articolo 4 della 194/78 rispetto ad alcune indicazioni della Corte Europea sui diritti degli embrioni. Non solo, ma anche riguardo ad altri articoli il giudice ha ritenuto di chiedere l’intervento della Corte perché a suo avviso sarebbero in contrasto con i principi della Costituzione vigente nel nostro paese.
Questo è solo l’ultimo di una serie di attacchi gravissimi all’autodeterminazione delle donne.
> La legge 40 sulla procreazione assistita, che legalizza una serie di ingerenze sui corpi delle donne e sulle loro scelte genitoriali con effetti devastanti tra l’altro sulle coppie che desiderano figli;
> Le proposte nel Lazio e in Piemonte di introdurre nei consultori personale del Movimento per la Vita, esautorandoli in questo modo della loro funzione laica a tutela della salute delle donne;
> Depauperazione dei consultori attraverso tagli economici ingenti;
> Difficoltà sempre maggiori nella erogazione della Ivg nelle strutture pubbliche a causa di percentuali altissime di obiettori di coscienza;
> Ostruzionismo politico che ha reso difficoltosa l’introduzione della RU846 (interruzione di gravidanza farmacologica, senza necessità di intervento chirurgico);
> Difficoltà di accesso alla contraccezione di emergenza (cosiddetta pillola del giorno dopo);
> Costanti manifestazioni ed iniziative di varia natura di associazioni pro-life che vorrebbero l’abrogazione della 194/78 e che mirano a stigmatizzare le scelte delle donne arrivando a definirle “assassine”
Legge 194/78 : cosa c’era prima?
La legge ha avuto l’effetto di diminuire sia la percentuale di aborti (in Europa siamo alle ultime posizioni), sia le morti di donne che si affidavano, spesso dietro compenso economico, a persone che eseguivano quello che doveva essere un vero e proprio intervento chirurgico in anestesia, tramite ferri da calza, beveroni a base di piante, e stampelle. Altre donne facevano da sé, provocandosi lesioni permanenti all’apparato genitale o addirittura la morte. Quelle che se lo potevano permettere andavano in costose cliniche estere. Altre ancora si rivolgevano, sempre in clandestinità, a reti di persone costituitesi spontaneamente (e legalmente perseguite quando scoperte: arrestate e processate) per permettere alle donne di abortire “in sicurezza” e senza pagare. Altre ancora, temendo per la propria vita o di finire in carcere, portavano a termine, con le ovvie conseguenze fisiche e psicologiche che chiunque può immaginare, una gravidanza che non volevano proseguire (ed un parto, non dimentichiamolo), imposta loro dallo Stato.
Cosa accadrebbe se venisse abrogata o limitata?
Il ritorno all’illegalità, e alla clandestinità. Per una scelta genitoriale consapevole occorrono corsi di di educazione sessuale (che non ci sono), accesso libero ed informato alla contraccezione preventiva e d’emergenza (che non c’è), fondi (sostituiti da ingenti tagli) ai consultori. In questo modo si dovrebbe riuscire ad abbassare ulteriormente l’occorrenza di gravidanze e genitorialità non desiderate.